L’andamento demografico in tempo di Covid

L’anno appena concluso, le cui complessità che si sono ripresentate anche in ragione dell’evolversi della pandemia, impone un’attenta analisi delle dinamiche in atto in quanto emergono indicazioni di un bilancio positivo del numero di imprese che risulta pur tuttavia in affanno. Nel clima di incertezza legato al prolungarsi dei tempi e all’aggravarsi degli effetti dell’emergenza Covid con le relative limitazioni allo svolgersi delle attività economiche, hanno prevalso scelte improntate alla prudenza e al rinvio di aperture di nuove attività, così come alla ancor più dolorosa decisione di chiudere i battenti ha prevalso l’opzione della “resistenza”, soprattutto laddove l’impresa rappresenta la principale fonte di sostegno al reddito familiare. Va evidenziata come la crescita sia in gran parte ottenuto grazie al settore delle costruzioni in stretta correlazione con la misura dell’ecobonus ma anche all’avanzo, seppur ridotto, delle attività di ristorazione.

Il mood dominante nel corso del 2020 a tutti i livelli territoriali è rappresentato dal significativo ridimensionamento del bilancio di demografia imprenditoriale; un quadro che i dati attualmente a disposizione traccino in modo ancora sfumato, atteso che gli effetti pandemici risultano ancora sotto traccia, in una sorta di congelamento delle scelte imprenditoriali sia in termini di nuove aperture che di cessazioni dell’attività, condizionate oltre che da prospettive di assoluta incertezza, anche dagli interventi governativi che, seppur improntati all’emergenza, hanno permesso di contenere la perdita di posti di lavoro, di evitare l’impennata dei fallimenti, le cui procedure sono state rinviate, di contenere la crisi di liquidità delle imprese senza precedenti tramite lo strumento del Fondo di Garanzia e le moratorie sui prestiti.

L’avanzo demografico su scala nazionale, pari ad appena 19mila unità segna un ulteriore punto di minimo in serie storica, assottigliandosi di circa ¼ rispetto ai valori targati 2019; altrettanto, i dati laziali (+1,03% il tasso di crescita, a fronte del +0,32 a livello Italia), nonostante la regione confermi una performance tra le più positive nel panorama regionale, posizionandosi al secondo posto nella relativa graduatoria, mostrano un rallentamento del passo attribuibile al duplice ridimensionamento sia delle nuove aperture che delle cessazioni, nella misura del 20% circa per entrambi. Un primato dunque che ad un’attenta analisi evidenzia le complessità in atto.

Disaggregando il dato laziale a livello provinciale, si evidenziano comportamenti imprenditoriali piuttosto diversificati, atteso che il frusinate conferma la stazionarietà già emersa in corso d’anno, mentre, fatta eccezione per la maggiore crescita del viterbese (+0,56%, a fronte del +0,45% riferito al 2019), gli altri territori condividono il rallentamento del tasso di sviluppo imprenditoriale evidenziato su scala regionale, sebbene con un’accentuazione più significativa in provincia di Latina, la cui crescita è quasi dimezzata.

Peraltro un anno, quello appena trascorso, all’insegna della discontinuità nel corso del quale si distingue un attore principale che alimenta in misura significativa la crescita imprenditoriale: le costruzioni, la cui decisa accelerazione, sostenuta dall’incentivo del super ecobonus destinato alle ristrutturazioni, contribuisce ad oltre la metà dell’avanzo imprenditoriale a tutti i livelli territoriali, fatta eccezione per il Lazio, dove comunque mostra un balzo altrettanto significativo.

Dunque, la disaggregazione per settore di attività rende conto di dinamiche “alterate” rispetto allo scorso anno, con esiti che impongono cautela nelle valutazioni, in quanto su alcuni dei segmenti presumibilmente da ritenersi più critici riguardo agli affetti della pandemia, come per le attività di ricettive (tra le quali gli esercizi pubblici colpiti dal doppio lockdown sia di primavera che d’autunno, mostrano i primi segnali negativi), questi rimangano sottotraccia anche per effetto degli interventi governativi di ristoro previsti per i segmenti economici penalizzati dalle disposizioni normative di limitazione allo svolgimento delle attività. Altrettanto, le misure intervenute a salvaguardare i posti di lavoro e a rinviare i default aziendali hanno rappresentato un fattore di contenimento dei danni sulle attività imprenditoriali, determinando una sospensione non priva di ricadute economiche in termini di minori redditi e di minori consumi, in un clima di attendismo che, almeno in termini di demografia imprenditoriale, è presumibile concluda di maturare i propri effetti in tempi che non ci si aspetta possano durare al lungo e i dati del primo trimestre 2021 probabilmente daranno maggiore contezza degli effetti del Covid sul tessuto imprenditoriale.

“L’analisi stilata sui dati Movimprese – ha voluto sottolineare il Presidente Acampora - consegna una quadro preoccupante che deve indurre ad intervenire con urgenza senza perdere ulteriori occasioni, in quanto dopo i sacrifici imposti alle famiglie, alle imprese ai lavoratori e ai giovani, a causa dello shock economico senza precedenti che ha caratterizzato l’intero anno appena trascorso, è venuto il tempo di intervenire con obiettivi, strategie chiare e tempi certi.

Le direzioni sono già tracciate nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la Camera di Commercio è pronta a dare il proprio contributo al confronto e alla definizione di interventi strategici per un’attuazione del piano che dovrà avere tempi certi ed obiettivi di crescita misurabile”.

Primi segmenti di attività - Anno 2020